Così come ha affermato il Prof. Fabio Mosca, Presidente SIN, in occasione della giornata Mondiale della Prematurità, lo scorso novembre 2018: “I neonati pretermine, cioè quelli che vengono al mondo prima della 37a settimana di età gestazionale, sono una grande sfida per la neonatologia e per la società.”
In Italia, un bambino su dieci nasce prematuro ed è sempre più importante ed indispensabile seguirli nell’arco del tempo futuro.
A questo proposito si inserisce lo studio pubblicato su The Journal of Pediatrics dal titolo, Metabolic Syndrome in Very Low Birth Weight Young Adults and Controls: The New Zealand 1986 VLBW Study condotto da B.A. Darlow, J. Martin e L. J. Horwood, nell’ambito di un filone di studi che hanno indagato e identificato come la nascita pretermine e/o l’essere piccoli per età gestazionale (SGA - Small for Gestational Age) possa in qualche modo rientrare nei fattori di rischio per la sindrome metabolica, tra cui ipertensione, insulino-resistenza e aterosclerosi emergenti in alcuni casi attorno ai 20-30 anni.
Gli autori di questo studio hanno valutato il benessere fisico e le componenti della sindrome metabolica in una coorte di giovani tra i 27 e 29 anni nati VLBW (coorte nati nel 1986) e confrontati con coetanei come gruppo di controllo. Rispetto ai controlli, sia i maschi che le femmine VLBW erano significativamente più bassi di statura, mentre solo le femmine erano di un peso inferiore. I maschi ma non le femmine, avevano una pressione sistolica significativamente più alta ma non vi erano significative differenze in altre componenti della sindrome metabolica. Il sesso maschile, l’età gestazionale < di 28 settimane, l’etnia Maori, l’indice di massa corporea > del 90° all’età di 7-8 anni predisponevano significativamente per la sindrome metabolica all’età di 27-29 anni. Si può affermare che questo studio ha confermato i risultati di altri studi precedenti come quello di Barker et Al. sulle origini dello sviluppo della “malattia degli adulti”, identificando il basso peso alla nascita, parto prematuro, ritardo di crescita intrauterino come indicatori associati a pressione sanguigna elevata (BP) e ad altre caratteristiche della sindrome metabolica. Certamente questo studio presenta dei bias quali la percentuale del 50% degli arruolati esposti a corticosteroidi prenatali, l’essere reclutati per peso alla nascita, mancata valutazione dei dati di crescita dalla dimissione all’età di 7-8 anni nella coorte di VLBW, oltre a ulteriori differenze significative tra i due gruppi al di là dei 27-29 anni che restano sconosciute.
Molta strada ancora attende la ricerca su questo ambito di malattie croniche non trasmissibili collegate non necessariamente solo a una prematurità ma anche all’alimentazione delle prime epoche della vita che in questo caso non è stata approfondita.
Dott.ssa Teresa Cazzato