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Un  preside pubblica la chat degli alunni su Facebook.

Giuseppe Ragnateladi Giuseppe Ragnatela

Per la prima volta, una scuola decide di denunciare pubblicamente quanto avviene nel mondo parallelo di chat e smartphone rompendo un muro di silenzio e invitando tutti a riflettere. Gli insegnanti di una scuola media hanno intercettato  una conversazione tra  alunni  su Whatsapp  :"bimbo minchia obeso", "secchione di merda" sono solo alcuni degli insulti che appaiono.  Il preside ha deciso di pubblicare sulla pagina Facebook della scuola le immagini di alcuni stralci di questa "conversazione" (oscurando i nomi dei partecipanti), accompagnandole con un appello : "Ci siamo stufati.

Dopo molte esitazioni scelgo di pubblicare alcuni messaggi che due nostri alunni si sono scambiati su un gruppo Whatsapp di una delle nostre classi delle medie. Lo faccio perché siamo stufi. Siamo stufi di questo assurdo mondo parallelo che ci inquina; siamo stufi dell’uso sconsiderato e irresponsabile delle parole; siamo stufi dell'assenza degli adulti. Non vogliamo più sentire che era solo uno scherzo, un gioco, che non immaginavamo, che non sapevamo. E’ ora di chiedersi se questo è quello che vogliamo dai nostri ragazzi e agire di conseguenza. E’ ora di prendere in mano il cellulare dei nostri figli, di guardarci dentro (perché la privacy nell’educazione non esiste), di reagire, di svolgere in pieno il nostro ruolo di adulti, senza alcuna compiacenza, tolleranza bonaria o, peggio, sorniona complicità. Non serve andare dal preside e chiedere cosa fa la scuola quando la vittima di turno non ha più il coraggio di uscire di casa. E’ troppo tardi. Cominciamo a fare qualcosa tutti. Ora".

L'iniziativa di denuncia del preside  è  un’importante assunzione di responsabilità del mondo scolastico di fronte alle problematiche di bullismo e cyberbullismo, purtroppo dilaganti in particolare tra gli adolescenti. C’è un giro di messaggi, la maggior parte innocui, ma ci sono anche insulti pesanti, gruppi creati per prendersela con un alunno o un insegnante. Si prende in giro uno scrivendo che è grasso, che puzza, che si veste alla Caritas. Gli insulti tra compagni di scuola ci sono sempre stati: un conto è farlo in diretta, in uno spazio e in un tempo definito, con tutto il coraggio che ci vuole per agire nella realtà, un conto è mandarlo a tutti in un gruppo “whatsapp”. E’ importante non sottovalutare, non dire “sono solo ragazzate”,”stavano scherzando”. Come genitori siamo spesso iperprotettivi nella vita reale e ,al contrario , lasciamo spesso i nostri ragazzi senza alcun controllo nella vita virtuale. Gli adolescenti sono spesso inconsapevoli delle conseguenze gravi dei loro comportamenti. I giovanissimi sono sempre connessi, da mattina a sera: sono nella loro cameretta ed è come se stessero facendo l'Erasmus in Australia, perché possono collegarsi con chiunque in tutto il mondo .

La ricerca del 2014 della Società Italiana di Pediatria su un campione di 2 mila ragazzi di terza media rileva che un ragazzo su tre riesce a gestire dieci o più gruppi di chat, in particolare su WhatsApp che non ha filtri a differenza di Facebook. Ed ecco qualche altro dato: il 13 per cento dei ragazzi di terza media ha fatto gioco d'azzardo online, il 15 per cento selfie provocanti, il 19 per cento ha inviato foto a persone conosciute solo online, il 5 per cento ha ricevuto proposte a sfondo sessuale.

La condanna di episodi di questa natura non è sufficiente:è necessaria una severa analisi. Le nuove tecnologie  possono rappresentare una grande opportunità di crescita e ,nello stesso tempo, essere uno strumento di prevaricazione reciproca. L 'uso improprio dei social network da parte dei figli è uno dei problemi più sentiti da genitori ,impreparati di fronte  a cambiamenti di abitudini quotidiane avvenute in modo così repentino.

Vietare o controllare è impossibile, gli adulti devono educare. E’ utile  ragionare con i ragazzi sull'uso di questi strumenti, possibilmente quando sono ancora alle elementari , sottolineando rischi e vantaggi. Non è possibile eliminare questi strumenti e quindi bisogna che i ragazzi imparino a usarli dagli adulti e non dai loro coetanei. Non lasciamo soli i nostri ragazzi.

Giuseppe Ragnatela
http://parma.repubblica.it/cronaca/2015/12/01/news/bullismo_e_volgarita_su_whatasapp_il_preside_pubblica_la_chat_degli_alunni_su_facebook-128549892/?ref=search