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Giornata Mondiale del diabete
Giorgio Conforti a cura di
Giorgio Conforti

La Giornata Mondiale del Diabete (GMD) Istituita nel 1991 dall'International Diabetes Federation e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Italia viene organizzata dal 2002 da Diabete Italia per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sul diabete, sulla sua prevenzione e gestione. La Giornata cade il 14 novembre di ogni anno, quest'anno gli eventi si sono concentrati  nel week end di sabato 14 e domenica 15 novembre.
In occasione di questa ricorrenza, vista l’importanza che il Piano Nazionale assegna ai Pediatri di Famiglia  impegnati sul territorio sulla Malattia Diabetica e più in generale sull’organizzazione della cura della cronicità abbiamo ritenuto importante porre alcune domande al Prof. Mohamad Maghnie, Presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica e alla dottoressa Livia Pittaluga, Pediatra di Famiglia, per approfondire alcuni aspetti sulla gestione della patologia diabetica in età pediatrica.

 

Intervista al Professor Mohamad Maghnie

Mohamad Maghnie

1) Il diabete infantile è davvero in aumento? Si ha qualche ipotesi del perché avvenga questo?
Il diabete infantile aumenta del 5% ogni anno; nel 2013   79000 bambini hanno sviluppato il DM1 (fonte International Diabetes Federation, IDF) ; le ipotesi sono numerose, ma a differenza della celiachia non è stato identificato uno specifico fattore ambientale che si possa considerare causale.
Una ipotesi allo studio  che appare promettente è l'alterazione del microbiota intestinale, influenzata dalla modalità del parto, dall'allattamento artificiale, dal  divezzamento precoce, dall'uso improprio di antibiotici che modifica la permeabilità intestinale. L'epigenetica è un altro campo di studi recente. Le infezioni virali da Coxsackie sembrano avere un ruolo nella distruzione della beta cellula ma mancano studi estesi a casistiche di varie etnie e latitudini.

2) Si intravedono possibilità di screening per l'identificazione di soggetti a rischio di diabete tipo 1? Insomma esiste una prevenzione primaria?
Lo screening è in atto da decenni, prevalentemente nei parenti di primo grado che condividono un assetto genetico a rischio. Studi di prevenzione primaria (rischio genetico, assenza di autoanticorpi contro la beta cellula) sono in corso sia in Finlandia che in Germania, e hanno documentato un'età media di sieroconversione di 3 anni, e di sviluppare poi il DM1 verso i 6 anni. Un'efficace prevenzione (quale alimentazione con idrolisato di latte, ritardo del divezzamento) è ancora lontana. La prevenzione è oggi indirizzata verso la immunomodulazione anziché la più generale (e con pesanti effetti collaterali)  immunosoppressione.

3) Sempre più arrivano sul territorio bambini con microinfusori che certamente stanno modificando il vivere quotidiano dei bambini affetti da diabete: quali altre novità all'orizzonte per domani e per dopodomani?
Le novità più "nuove" riguardano:
•    le Patch pump, che risultano molto ben accettate dai pazienti, liberati dalla schiavitù del raccordo;
•    l'insulina long-acting Tresiba, che ha durata più lunga di Glargine e che permette una elasticità nell'orario di somministrazione;
•    la chiusura dell'ansa, cioè microinfusore e sensore collegati che tramite modelli matematici erogano insulina autonomamente; sono già state effettuate esperienza non solo in ambienti protetti (ospedali, campi) ma anche in real life con risultati promettenti. I pazienti si aspettano ovviamente la risoluzione definitiva con il trapianto.
•    Anche il trapianto di cellule staminali ha dato risultati positivi in termini di insulino-indipendenza, ma rimane il problema della terapia post trapianto che ancora presenta rischi infettivologici importanti.

4) Quali criticità dell'assistenza sul territorio si può rilevare dal punto di vista del centro di secondo livello? In cosa il pediatra di famiglia può e deve migliorare nell'assistenza ai pazienti affetti da diabete tipo 1?
Il centro di secondo livello non sempre interagisce con quello di riferimento regionale. E' in corso almeno in Liguria un progetto di rete diabetologica che ha il fine di condividere linee guida e raccomandazioni per la diagnosi e la terapia. Al pediatra di famiglia spetta il compito di riconoscere i sintomi per una diagnosi precoce ed evitare le chetoacidosi all'esordio. Sulla base di uno studio retrospettivo del Gruppo di Studio sul diabete infantile della SIEDP (2012-2013) condotto su 68 centri di Diabetologia Pediatrica su tutto il territorio nazionale, 34 al Nord, 11 al Centro e 23 al Sud, sulla base di 14.493 bambini, adolescenti e giovani adulti, emerge quanto segue. Nel corso dell’anno in cui si è svolta la ricerca a 2.453 bambini, tra 0-18 anni, è stato diagnosticato il diabete di tipo 1, il 38,5% ha esordito con chetoacidosi, di questi il 10,3% con chetoacidosi severa. Dei bambini che hanno esordito con chetoacidosi, il 72% ha un’età inferiore ai 6 anni, di questi il 16,6% riscontrato chetoacidosi severa. Dei 38,5% a cui è stata diagnosticata la chetoacidosi, lo 0,53% ha avuto come grave conseguenza l’edema cerebrale.
Al pediatra di famiglia spetta anche l’arduo compito di interagire con le famiglie con l’impegno di attuare interventi educativi sul corretto stile di vita per prevenire il DM2.

Intervista alla Dottoressa Livia Pittaluga

Livia Pittaluga


1) E' vero che si assistono sempre più sul territorio bambini affetti da diabete con insorgenza più precoce?
In Italia sono affetti da Diabete Mellito più di 3 milioni di persone e la diffusione della patologia è in costante aumento; le persone con diabete di tipo 1 sono circa 300.000.
Tra il 2001 e il 2009 l’incidenza di diabete di tipo 1 nei soggetti al di sotto dei 20 anni è aumentata del 23%, il che significa che il numero dei giovani ai quali viene diagnosticato il diabete di tipo 1 cresce del 3% ogni anno.
Il rischio è circa 4 volte superiore in Sardegna verosimilmente su base genetica, ha un’incidenza di diabete giovanile tra le più alte del mondo, pari a 34 casi per 100.000 per anno nella fascia di età di 0-14 anni.
Nel bambino il DM1 esordisce di regola con sintomatologia rapidamente ingravescente che, se non riconosciuta e non tempestivamente trattata, sfocia in breve tempo in chetoacidosi fino al coma.
La rapidità dei sintomi sono tanto maggiori quanto più piccolo è il bambino. Nei primi anni di vita l’esordio del DM1 spesso è il coma chetoacidotico in concomitanza con una malattia infettiva.

2) Come reagiscono i genitori di oggi alla diagnosi di una malattia che di fatto durerà tutta la vita?
L’assistenza alle persone con diabete rappresenta una delle principali sfide per il Servizio Sanitario Nazionale poiché la malattia ha un forte impatto sanitario, sociale ed economico che richiede un’organizzazione dell’offerta sanitaria in grado di minimizzare il più possibile l’incidenza degli eventi acuti e delle complicanze invalidanti che comportano costi elevatissimi. Come per la gran parte delle malattie croniche il diabete richiede un costante supporto al paziente che rappresenta il primo protagonista della gestione della malattia. Quand’anche il paziente pediatrico, più facilmente nell’infanzia e un po’ meno nell’adolescenza, venga ad accettare e a trovare un modus vivendi con il diabete, difficilmente nei genitori si riesce a raggiungere un livello di serenità o di accettazione dello stato di malattia. Tutto questo e fonte di angosce e incertezze che vengono comprensibilmente a ricadere sul medico. L’abilità a gestire questo doppio rapporto medico-paziente, allo stesso tempo con il bambino e con i genitori, è una delle caratteristiche più forti dell’identità    professionale del pediatra.

3) L'adolescente è un soggetto più difficile se affetto da malattia cronica: qualche consiglio dalla tua esperienza per la gestione domiciliare di questa fascia di età?
3. L’adolescente accetta con difficoltà lo stato di malattia quindi il nostro approccio è quello didattico, rivolto a potenziare le capacità delle persone con diabete ad operare scelte informate di autogestione.
La terminologia “educazione all’autogestione del diabete” [Diabetes Self-Management Education (DSME), riflette il riconoscimento che il 95% delle cure del diabete è fornito dalle persone con diabete e dalle loro famiglie.
E’ necessario passare da un sistema basato sulla “cura” ad uno basato sul “prendersi cura”, ottimizzando l’uso delle risorse disponibili.

4) E' facile convincere i genitori di bambini affetti da diabete mellito a vaccinarli per influenza? Il centro di riferimento collabora?
Il bambino con diabete segue il calendario vaccinale stabilito dalla legge ed esegue la vaccinazione antinfluenzale con cadenza annuale, su consiglio del Pediatra di famiglia e del Centro Diabetologico di riferimento.
Si consiglia: inoculare vaccino in zone diverse da quelle della somministrazione di insulina, avvertire il paziente che tutti i vaccini possono dare reazioni, programmare la vaccinazione possibilmente in un momento di buon controllo metabolico.

5) Quali difficoltà, se ce ne sono, nella collaborazione con il centro di  secondo livello?
La collaborazione tra il Pediatra di libera scelta e il Centro Diabetologico di riferimento è indispensabile per “prendersi cura” del paziente e della sua famiglia. In genere il Pediatra di Famiglia segue pochi bambini con diabete ma è importante la sua collaborazione con il Servizio Regionale di Diabetologia Pediatrica al fine di ottimizzare l’assistenza e raggiungere un buon controllo metabolico e, auspicabilmente, migliorare la qualità di vita di questi bambini e delle loro famiglie.