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Giuseppe Ragnatela

di Giuseppe Ragnatela
Internet e minori: il bullismo - anche in rete - il pericolo maggiore secondo il 69% dei ragazzi under 18. Quando si viene presi di mira il 15% non si confida con nessuno.
L’organizzazione  “Save the children” ha pubblicato i dati della indagine “ Il Cyberbullismo” in occasione del  “Safer Internet Day”, la giornata istituita dalla Commissione Europea per la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile dei “nuovi media” tra i più giovani.

La ricerca è stata realizzata dalla agenzia Ipsos attraverso questionari online rivolti a 458 ragazzi e adolescenti di età compresa fra 12 e 17 anni  nel periodo che va dal 29 al 31 gennaio 2014. La ricerca fornisce una fotografia sulle abitudini di fruizione del web da parte dei ragazzi italiani e indaga sull’uso delle nuove tecnologie per compiere azioni discriminatorie, denigratorie, aggressive e spesso violente.

Il 23% dei ragazzi intervistati trascorre oltre 10 ore su Internet, l’8% è connesso 24 ore su 24; il 44% non ha bisogno di una postazione per connettersi ma lo fa da qualsiasi posto, grazie alla diffusione del wi-fi e di dispositivi internet mobili come gli smartphone, posseduti dall’85% degli under 18.

La rete è il luogo della “gioia” e della socialità, ma anche dei “dolori” che arrivano ad esempio dal cyberbullismo, una delle minacce più serie avvertita da adolescenti e pre-adolescenti: per il 69% degli intervistati il bullismo (online e offline) è in testa ai pericoli (seguono la droga per il 55%, le molestie o le aggressioni da parte di adulti per il 45%).

È facile attirare l’attenzione del cyberbullo se ci si veste in modo insolito, se si ha un colore della pelle diverso o anche se si è la più graziosa della classe. Nei criteri di elezione della vittima infatti la “diversità”, nelle sue varie declinazioni, gioca un ruolo non secondario: l’aspetto estetico, la timidezza, il supposto orientamento sessuale, l’essere straniero, l’abbigliamento non convenzionale, la bellezza femminile che “spicca” nel gruppo, e persino la disabilità possono essere valide motivazioni per prendere di mira qualcuno. Di minore importanza, o almeno non abbastanza per attirare l’attenzione dei bulli, sono invece considerati l’orientamento politico o religioso.

Diverse sono le azioni messe in atto una volta individuata la vittima: rubare e-mail, profili, messaggi privati per poi renderli pubblici, inviare sms,mms o e-mail aggressivi e minacciosi, creare gruppi “contro” su un social network, diffondere foto e immagini denigratorie o intime senza il consenso della vittima o notizie false sull’interessato via sms,mms, e-mail, perseguitare la vittima attraverso il suo profilo su un social network.

Gli episodi di bullismo “virtuali” sono molto più dolorosi di quelli reali per chi li subisce perché non ci sono limiti a quello che si può dire e fare, possono avvenire continuamente e in ogni ora del giorno e della notte o non finire mai. La rete rende anonimi e quindi apparentemente non perseguibili e consente di falsare i protagonisti. La pericolosità del web inoltre deriva dal fatto che chiunque può avere accesso e i contenuti o le affermazioni fatte da altri sono più facilmente strumentalizzabili.

Per i ragazzi intervistati, l’isolamento è la conseguenza principale del cyberbullismo: chi lo subisce si rifiuta di andare a scuola o fare sport, non vuole più uscire o frequentare  gli amici o farsi vedere in giro, va in depressione o diventa silenzioso e non si confida più,  può “farsi del male o anche peggio”, può reagire in modo violento contro chi lo perseguita o si autocommisera. Le reazioni “non positive” possono condurre a un’amplificazione, problema dei problemi, e impedire la messa in atto di strategie auto-protettive anche semplici come per esempio cancellare un “post” indesiderato o chiudere il proprio profilo. Sono stati testimoni di atti di cyberbullismo da parte di coetanei il 47% dei ragazzi intervistati, ed il 7% ne parla addirittura come di una esperienza regolare e consueta.

La ricerca evidenzia il valore che i ragazzi danno al dialogo e alla famiglia e agli amici nella soluzione dei loro problemi. Alla domanda “se hai un problema di qualsiasi natura (attacchi verbali da parte di coetanei, cyberbullismo, approcci da parte di adulti etc.) pensi di avere qualcuno con cui parlarne”: i ragazzi rispondono che “parlerebbero con i genitori, con gli amici, con gli insegnanti, con adulti di cui si fidano e solo il 4 %  risponde “se si sparge la voce che parli è peggio “ o “meglio non parlarne con nessuno”.

Alla domanda “i tuoi coetanei come si comportano se qualcuno li "prende di mira", il 15% dei ragazzi risponde “non si confida con nessuno”, il 28% “ne parla con i genitori”, il 41% “ne parla con gli amici”.

La sicurezza della rete va affrontata con responsabilità tutti insieme: bambini, adolescenti, genitori, educatori, istituzioni, mondo delle aziende, per dare risposte concrete al problema. La rete è un amplificatore straordinario della realtà, è una lente d'ingrandimento di umane virtù e debolezze. Occorre vigilare sugli eccessi e sui pericoli, investire nella scuola, nella cultura, aiutare i genitori e gli operatori sociali. Ma più di ogni altra cosa è necessario accrescere la consapevolezza dei ragazzi, tra spirito critico e condivisione di valori, rafforzando le occasioni di dialogo e l’ascolto. E’ importante educare i ragazzi a muoversi con attenzione su internet senza frenarne l’entusiasmo ma non sottovalutando i pericoli che quest’ approccio comporta.

La ricerca “Safer Internet Day Study - il Cyberbullismo” è scaricabile dal seguente link:

http://images.savethechildren.it/IT/f/img_pubblicazioni/img229_b.pdf