di Giorgio Conforti
Anni fa gli addetti ai lavori (pediatri, medici igienisti, infettivologi, medici interni etc. ...) attendevano con interesse misto a curiosità la pubblicazione della circolare ministeriale che detta annualmente le raccomandazioni sulla campagna anti influenzale dell'inverno che si avvicinava, anzi, addirittura arrivava in un periodo che solo parlare d’influenza sembrava fuori luogo cioè in tarda primavera quando ci si preparava con pinne e occhiali alla stagione balneare.
Però questo era necessario per le aziende sanitarie locali per tarare le quantità di vaccino da ordinare stante le eventuali nuove raccomandazioni che potevano estendere l'offerta a nuove categorie a rischio, vuoi per età vuoi per patologia secondo le evidenze che la letteratura più consolidata poteva dimostrare.
Poi da maggio si passò a giugno e slittando via via fino a settembre inoltrato, stagione si più consona ai primi brividi da maglioncino ma certamente fuori luogo per una programmazione seria.
Ecco che quindi che la circolare ministeriale perde così la sua natura d’indirizzo per i curanti e i programmatori delle campagne pubbliche, di indirizzo e di aggiornamento, per assumere un aspetto che sa più di "copia e incolla" tanto da non essere scorsa nei suoi vari paragrafi più di tanto.
Anche quest'anno quindi, giustamente, si rimarcano i soggetti da vaccinare prioritariamente, cioè quelli a rischio per patologia o status, come le donne gravide e gli over 65 rimandando a altre evidenze l'abbassamento a fasce di età adulte e infantili.
"Eppur si muove" qualcosa all'estero: gli USA vaccinano tutti i bambini piccoli dal 2004, in Europa a piccole (ma "toste" nel settore della prevenzione) nazioni (Slovacchia, Austria, Finlandia, paesi baltici) si somma da quest'anno la Gran Bretagna nel vaccinare i soggetti che frequentano le scuole, indice di in un interesse preventivo che coinvolge sia la salute primaria dei soggetti più a rischio per età (i piccoli) sia aspetti di ordine economico, avendo dimostrato (le evidenze di cui sopra) che una bella limatina al PIL l'epidemia annuale la provoca.
Ma pensare che si possa programmare un intervento di sanità pubblica guardando un po' più in là del proprio naso spendendo "x" oggi per avere indietro 2-3-4 "x" domani e dopodomani, è pensiero troppo complesso per le nostre amministrazioni pubbliche.
Allora il "cerino" rimane al singolo pediatra, nel nostro caso, che dovrà e potrà valutare nel singolo nucleo famigliare di assistiti se, quando, come proporre la vaccinazione prioritariamente in forma attiva ai soggetti a rischio per patologia e parallelamente ai sani specie quelli che frequentano gli asili, spesso i veri untori degli altri componenti la famiglia.
Con un po' di disillusione ma con pari convinzione che il miglior mezzo per evitare la malattia che provoca più decessi di tutte le altre infezioni (ovviamente meno in rapporto ai malati) sia il vaccino, assieme alle norme di igiene personale e ambientale i pediatri son pronti a spiegare, proporre e se del caso eseguire il vaccino.
L'anno prossimo speriamo in meglio ...