Probabilmente quando l’amico Pier Luigi, per le mie competenze nutrizionali, mi ha proposto di preparare un commento sull’articolo “Why understanding food choice is crucial to transform food systems for human and planetary health” e io ho accettato di farlo, abbiamo entrambi commesso un errore. Infatti queste competenze servono a poco o a nulla e meglio sarebbe stato rivolgersi a un sociologo o a un politico. Perché il manoscritto tratta proprio di politica, cioè dei rapporti tra le persone e il mondo che le circonda con l’obiettivo di cambiare (si spera in meglio) le prime e il secondo. Tuttavia ormai ci sono e provo a fare quello che posso, non nascondendo le mie perplessità del tutto criticabili. L’articolo parte dalla osservazione che nel 2050 si dovranno reperire le risorse alimentari per 10 miliardi di persone e che l’attuale filiera di produzione di cibo è responsabile già oggi del 30% della produzione di gas serra e in generale di una buona parte dell’inquinamento ambientale. Si configura, quindi, un enorme problema che dovrebbe essere affrontato prima di subito. Per cercare di trovare delle soluzioni gli autori chiamano in causa le scelte alimentari individuali che, se correttamente indirizzate, potrebbero migliorare la salute del pianeta in tre modi (traduco l’abstract): in primo luogo, la somma delle scelte alimentari individuali influenzano l'offerta e la domanda di alimenti prodotti e venduti sul mercato; in secondo luogo, le scelte alimentari individuali influenzano il tipo e la quantità di rifiuti alimentari a livello domestico e di vendita al dettaglio; in terzo luogo, le scelte alimentari individuali fungono da espressione simbolica dell'interesse per la salute umana e planetaria, che può stimolare individualmente e collettivamente movimenti sociali e cambiamenti di comportamento. L’esempio principale a supporto di queste affermazioni è la proposta di ridurre drasticamente il consumo di carne rossa (auspicabile anche nutrizionalmente), mentre sulla produzione alimentare biologica si manifesta un atteggiamento favorevole pur con qualche dubbio. Nell’articolo si fanno inoltre diversi esempi di iniziative per migliorare la consapevolezza alimentare individuale. Le proposte e le osservazioni degli autori, seppure condivisibili in linea di massima, mi lasciano qualche dubbio. Intanto forse la sensibilizzazione di una massa enorme di consumatori richiederebbe molto tempo per avere dei risultati significativi rispetto all’urgenza del problema. Inoltre, le persone farebbero sentire la propria voce come consumatori e non come cittadini, che si organizzano democraticamente per esprimere le proprie opinioni, magari scegliendo (meglio) dei rappresentanti che cerchino di risolvere i problemi. In pratica voteremmo nel carrello della spesa. Si potrebbe obiettare che molti non hanno nemmeno il carrello della spesa e altrettanti non possono votare. Tuttavia, chi è più abbiente consuma di più e avrebbe più voce in capitolo, mentre chi è povero non consuma quasi nulla e magari è più esposto ai disastri ambientali. E non è affatto detto che i più ricchi siano quelli più sensibili alla salute del pianeta. Rimane il fatto che nell’attuale sistema consumistico lo scopo (legittimo) è il profitto e non il benessere dei cittadini o del pianeta. Le scelte consapevoli dei consumatori possono in parte influenzare la produzione, proponendo cibi più sani che spesso non si sostituiscono a quelli meno salutari ma li affiancano, non raramente a prezzi più alti. Per brevità non entriamo nel merito dei numerosi metodi pervasivi (es. pubblicità) che l’industria alimentare utilizza per orientare i consumi, spesso facendo leva su supposte, ma non dimostrate, proprietà benefiche di alcuni prodotti. Come pediatri dovremmo preoccuparci dei bambini che sono i consumatori più indifesi e, ovviamente, meno consapevoli e più manipolabili. Infine, migliorare la consapevolezza alimentare dei consumatori è importante per salute delle persone e forse anche del pianeta, ma questo processo dovrebbe passare da una informazione chiara e indipendente, attualmente poco disponibile. E questo è un altro problema.
Probabilmente sono stato un po’ troppo pessimista e l’amico Pier Luigi mi perdonerà per questo, tuttavia la cosa migliore è leggere l’articolo e farsi la propria opinione.
Marco Giussani
Why understanding food choice is crucial to transform food systems for human and planetary health
Krystal K Rampalli, et al.