L’articolo “Perspective: Striking a Balance between Planetary and Human Health—Is There a Path Forward?” è molto interessante e la sua lettura fortemente consigliata a tutti, ma in particolare ai pediatri. Sia per le indispensabili informazioni nutrizionali che fornisce, ma anche perché i pediatri per la loro formazione culturale dovrebbero essere tra i più preoccupati per il futuro delle nuove generazioni. Come è chiaro dal titolo, il punto è se sia possibile trovare una sintesi tra l’impatto sul pianeta della produzione alimentare necessaria per fare fronte ai fabbisogni della popolazione mondiale che cresce ad un ritmo sempre maggiore, assicurando nel contempo la soddisfazione dei fabbisogni nutrizionali di tutti i singoli individui, secondo criteri di convenienza, accessibilità, accettabilità culturale e impatto ambientale. Gli autori ci informano che la produzione alimentare globale è responsabile della emissione del 30% di gas serra, del 60% della predita di biodiversità, del 70% di consumo di acqua dolce, ha un impatto significativo sulla qualità del suolo, deforestazione, eutrofizzazione e del cambiamento climatico. Si tratta quindi di problemi enormi sui quali apre una ampia discussione, in particolare se e in quale misura le scelte del singolo individuo possono migliorare la qualità ambientale del pianeta senza penalizzare la salute individuale. I regimi alimentari a cui viene riconosciuto il minor impatto ambientale sono quelli vegetariani e vegani in particolare. Tuttavia, soprattutto nei bambini, una dieta vegana presenta delle chiare carenze nutrizionali ben evidenziate nell’articolo (anche per questo è importante che i pediatri lo leggano!), anche se si ricorre alla solita formula, un po’ cerchiobottista, per cui “la dieta vegana può essere praticata anche da un bambino se adeguatamente supplementata e seguita da un esperto nutrizionista”. Ma un regime alimentare può essere definito sano e consigliabile se deve essere supplementato e supervisionato da un esperto (possibilmente non vegano)? E la supplementazione, la consulenza nutrizionale e, nel caso, l’esecuzione di esami non necessari in altri regimi alimentari, non dovrebbero essere considerati un consumo di risorse e considerati nel computo generale? La soluzione per “salvare capra e cavoli” (la locuzione sembra proprio appropriata) sono le diete territoriali, tra cui rientra la mediterranea oppure la dieta flexitariana una nuova dizione per sintetizzare alcuni buoni principi nutrizionali che forse non sono una grande novità ma l’applicazione del buon senso alla alimentazione. Infatti la dieta flexitariana è definita come segue: una alimentazione onnivora che prevede una grande quantità di alimenti vegetali, una moderata quantità di pollame, latticini, pesce e una bassa quantità di carne rossa, alimenti trasformati/ultraprocessati e zuccheri aggiunti. Questa alimentazione può essere un passaggio ragionevolmente accettato per chi pratica una western diet (cioè non fa nessuna dieta), mentre sarebbe certamente un grosso miglioramento per quella importante quota di popolazione mondiale che ha una alimentazione con carenze proteico-caloriche. Nel contempo si potrebbe assicurare un minor impatto ambientale, soprattutto se si riuscisse ad eliminare gli sprechi alimentari nei paesi ricchi e convogliare più risorse a quelli poveri. Per finire un piccolo appunto di metodo all’articolo. Non ha senso paragonare le conseguenze sulla salute di chi pratica un qualunque tipo di dieta, cioè di controllo su quello che mangia, rispetto a chi “segue” una western diet, cioè non ha nessuna regola né sull’alimentazione né sull’esercizio fisico. Per concludere, dovremmo seguire tutti una dieta flexitariana che forse dovremmo meglio definire “dieta ragionevole” se non fosse per il timore di offendere chi fa scelte alimentari non ragionevoli: vegani, pescariani, futtariani, adepti della dieta paleolitica … e chi più ne ha più ne metta.
Saltando alle conclusioni la tesi fondamentale è che una alimentazione responsabile, a partire dal singolo individuo, può essere salutare per il pianeta e per l’individuo stesso. Forse una sola recensione non è sufficiente a dare conto di tutte le problematiche che il manoscritto pone e di tutte le informazioni che fornisce. È quindi probabile che ci saranno altre occasioni per approfondire alcuni aspetti di discussione che l’argomento stimola.
Marco Giussani
Perspective: Striking a Balance between Planetary and Human Health—Is There a Path Forward?
Luis A Moreno, et al.