News

Un caffè e una Redbull prima di entrare in piscina per la gara. La nuotatrice siciliana, appena undicenne, è poco più che una bambina, ma la madre vuole che vinca. E cerca di aiutarla. Per farlo le trasmette l'idea che le sostanze, anche quelle non vietate, possono dare una mano a essere più veloci in acqua. L'anticamera del doping molto spesso è lì, negli impianti di periferia dove non ci sono riprese televisive né medaglie da conquistare, dove con i coetanei si dovrebbe gareggiare solo per il gusto di farlo. Invece qualcuno si convince che barare non è sbagliato. E crescendo bara davvero, assumendo Epo, steroidi, diuretici, anabolizzanti. Chi pensa che il doping sia un fenomeno di pochi sportivi professionisti, e magari olimpionici, come Schwazer, quelli che ogni tanto vengono beccati ai controlli con scandalo generale, si sbaglia: è lo sport amatoriale il mondo dove chi traffica sostanze vietate fa i migliori affari.

In Italia sono stimate in 6 milioni e mezzo le persone, tra ragazzi e adulti, che si dedicano alle competizioni sportive. E almeno il 65% di loro, cioè quasi 4 milioni, usano qualche "aiutino". Sia prodotti ammessi dalla legge, come integratori e farmaci, sia dopandosi. Ad assumere sostanze vietate, secondo i dati appena presentati alla Wada, ( World anti doping agency ), sono circa 450mila sportivi dilettanti italiani (ovvero, il 7% del totale), per un giro di affari di 750 milioni di euro all' anno. Ma secondo molti osservatori questi numeri sono «troppo bassi». Roberta Pacifici, direttore del reparto doping dell' Istituto Superiore di Sanità e membro della Commissione di vigilanza sul doping, che si occupa dei controlli tra i dilettanti, ritiene che il dato andrebbe triplicato. «Tra il 3,5 e il 4,5% degli atleti che controlliamo risultano positivi - spiega Pagifici - ma non sono numeri molto significativi perché facciamo pochissime analisi, appena 1.600 l' anno, per mancanza di fondi. Insomma, "vediamo" solo la punta del fenomeno». La Commissione trova comunque più dopati del Coni, che su circa 11mila atleti professionisti considerati "di élite" controllati nel 2007 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati) ha scoperto lo 0,63% di "positivi". Alessandro Donati è stato per anni dirigente proprio del Coni, dove ha condotto grandi battaglie contro il doping. Lo hanno pre-pensionato nel 2006 ed è diventato consulente della Wada, a cui il 15 luglio scorso ha inviato una relazione sulla situazione italiana. Incrociando i dati dei sequestri dei Nas con quelli dell'ultimo report della Commissione e di altri lavori ha stimato il fenomeno tra gli amatori: sono circa 300mila le persone che usano prodotti vietati rilevabili ai controlli, e il numero non comprende i consumatori di cocaina e hashish, sostanze vietate ma generalmente non usate per migliorare le prestazioni. «C'è però un mondo sommerso di prodotti che le analisi non riescono a riconoscere, come gli ormoni, tra cui quello della crescita - spiega Donati - E vale la metà di quello conosciuto». Sale così a 450mila il numero dei dopati italiani dello sport amatoriale. Per calcolare il giro di affari Donati si è poi basato su sequestri e prezzi delle varie sostanze al mercato clandestino, oltre che sul numero di consumatori. È arrivato a 500 milioni di euro all'anno, che diventano 750 con le spese per il sommerso. Ma non si usano solo sostanze vietate: secondo la Commissione doping due terzi degli sportivi italiani si aiutano con prodotti legali. C'è prima di tutto una diffusa medicalizzazione degli atleti. I prodotti di gran lunga più usati sono gli anti-infiammatori (26% di tutte le sostanze lecite prese da chi pratica sport). «Servono ad accelerare i recuperi - spiega Pacifici - Ma anche per affrontare le gare sentendo meno i dolori da affaticamento». Gli integratori sono additivi, sali minerali, proteine e vitamine e vengono presi dal 38% degli sportivi che usano sostanze ammesse. «Qualcuno assume grammi e grammi di carnitina, complessi vitaminici. Non sono solo inutili ma talvolta anche dannosi, perché gli alti dosaggi rappresentano un carico mostruoso per i reni», commenta la dottoressa. Lo sportivo amatoriale, tra l'altro, spesso non compra l'integratore in farmacia ma in negozi di articoli sportivi o su Internet. Finisce per assumere pillole di cui non conosce gli ingredienti. Ma che differenza c'è tra prendere gli integratori e doparsi? Secondo Donati «le distinzioni vanno bene per farmacologi ed esperti, non per i comuni praticanti. La loro motivazione è quella di trovare un aiuto». Maria Triassi è un medico sportivo di Caltanissetta. E' stata lei a scoprire la madre che dava alla figlia undicenne caffè e Redbull (cioè altra caffeina) prima della gara. «Nelle piscine chi si prepara ai campionati trova allenatori che cominciano a dare integratori salini. In certi casi sono gli stessi genitori a somministrare sostanze, pensando che i propri figli siano campioncini. E sono disposti a tutto, come quella madre». La caffeina un tempo era tra le sostanze vietate dalla Wada e secondo gli esperti il suo utilizzo sta tornando in auge. Donati è molto duro quando si parla di giovani sportivi: «I bambini a cui vengono somministrati integratori come amminoacidi e creatina ovviamente non sono colpevoli. Subiscono le ossessioni e la mancanza di equilibrio degli adulti. Dirigente, allenatore e medico di squadra studiano i ragazzi e i genitori: prima suggeriscono gli integratori, e se vedono che sono accettati con disinvoltura aumentano i dosaggi per proporre poi qualcosa di più. Ovvio che se è la famiglia a ritenere giusto il doping il processo accelera». Per avere un'idea della diffusione della cultura dell' aiutino, lecito o illecito, bisogna scavare nelle realtà più piccole, quelle degli sportivi della domenica. Fulvio Massini è un preparatore di podisti fiorentino che segue un centinaio di persone all'anno. «Gente che fa sport per stare bene- spiega- Se chi seguo mi chiede mai di doparsi? Certo, ogni tanto qualcuno me lo propone ed io mi arrabbio. Stessa cosa se mi dicono di prendere un “aulin” o una “aspirina” prima di correre per sentire meno il dolore della gara». Ma sbaglia chi pensa che gli amatori non si possano permettere certi prodotti dopanti. «Gli amatori invece di usare la bicicletta per fare un po' di sport e tenersi in forma si caricano anche di più dei professionisti, da cui magari si fanno dare le dritte». A parlare è Ivano Fanini che nella sua squadra ciclistica Amore & Vita accetta solo atleti che non fanno uso di prodotti vietati. Ogni tanto deve cacciare via qualcuno. «E spesso si inizia da ragazzini. Anche mio figlio se non fosse stato per me e per mia moglie e la sua fidanzata, avrebbe preso l'Epo». Già, l'Epo, che come altri prodotti dopanti arriva in Italia in molti modi. Finanche dentro le valige di ignare badanti che rientrano dopo le vacanze in famiglia nei Paesi dell' est. E all'arrivo dei pullman su cui viaggiano chi ha organizzato la spedizione ritira le borse e immette i farmaci sul mercato illegale. «È il sistema più recente per importare prodotti dopanti ed è il più diffuso con l'acquisto via internet», spiega il capitano Francesco Saggio, comandante del reparto analisi dei carabinieri del Nas. «Nel 2011 abbiamo sequestrato 155 mila confezioni, che corrispondono a un numero enorme di singole dosi. Gli arrestati sono stati 34 e i denunciati 471». Una delle operazioni che ha colpito di più gli stessi investigatori è stata fatta in Emilia e si chiama "anabolandia". A parte i 6 arrestati, tra cui un noto medico sportivo, e i 54 indagati, sono stati trovati centinaia di praticanti, tra cui molti adolescenti, che utilizzavano sostanze vietate per calcio, basket, atletica. «È stato straziante scoprire genitori che chiedevano espressamente che ai figli fossero consigliate sostanze dopanti: steroidi, anabolizzanti e ormone della crescita».

 

Michele Bocci

da”La Repubblica” del’ 8 agosto 2012