Articoli scientifici

Se l’obiettivo specifico della bioetica è quello di identificare valori e norme che guidino l’agire umano e l’intervento della scienza e della tecnologia sulla vita stessa e sulla biosfera, il fondarsi esclusivamente sui principi sin qui enunciati potrebbe non essere sufficiente. Più opportunamente ci si potrebbe rivolgere a un’etica fondata sulle virtù intese come la disposizione d’animo volta naturalmente al bene che prende in considerazione la persona nella sua interezza con la sua singolarità, le sue caratteristiche e le sue capacità. L’adesione alla tradizione dell’etica delle virtù, da Aristotele a Tommaso d’Aquino, fornisce la possibilità di avere un approccio morale alle problematiche bioetiche. A tal proposito sembrano particolarmente interessanti e calzanti per la pratica pediatrica quotidiana le teorie di Edmund D. Pellegrino e David C. Thomasma, due autori statunitensi che, attingendo alla tradizione della filosofia morale, applicano appunto le virtù alla buona pratica clinica, presentandole come una sorta di sentiero da percorrere in tutti i momenti della professione medica. Le virtù prese in considerazione sono le seguenti, preferibilmente lasciate nella loro versione inglese originale perche difficilmente traducibili in italiano con un solo vocabolo: Phronesis: di derivazione aristotelica si potrebbe tradurre come “uso saggio delle conoscenze”. Per il medico la conoscenza e l’aggiornamento continuo sono eticamente cogenti e un medico, un pediatra, che non studia agisce in maniera moralmente inaccettabile. Ma il sapere in quanto tale, la medicina basata sulle prove d’efficacia sacrosanta e preziosa, non e sufficiente da sola per rispondere ai differenti bisogni di salute di ogni singolo bambino; sarà invece necessario sapere fare un uso saggio delle conoscenze applicandole volta per volta, ritagliandole su misura per ogni specifico problema: l’applicare pedissequamente una linea guida evidence based, pur dando sicurezza al medico, potrebbe comportare, per quel piccolo paziente, un costo in termini di sofferenza fisica o psichica troppo alto da sostenere.

Fidelity to trust: e il rapporto di fiducia, punto di forza specifico del pediatra e del pediatra di famiglia in particolare. Chiaramente dovrà essere reciproco e dovrà instaurarsi fra il medico, il bambino e la sua famiglia; certamente sono i genitori a richiedere un intervento al pediatra in cui hanno fiducia e sarà necessario avere il loro riconoscimento del proprio ben operare medico, ma bisognera ottenere anche la fiducia del bambino, che trova cosi nel pediatra non la figura autoritaria dispensatrice di “punture” ma un adulto pronto e sollecito nel risolvere i suoi problemi di salute.

Justice: echeggia e ripropone il principio sull’equa distribuzione delle risorse dove per risorsa va intesa anche il medico stesso e il tempo e la cura che dedica a ogni singolo paziente, nel rispetto delle specifiche esigenze e rifuggendo da sperequazioni e favoritismi.

Fortitudo: la forza d’animo, il coraggio morale di affrontare situazioni complesse che possano richiedere prese di posizione scomode, probabilmente in questo particolare momento storico, in cui la medicina cosiddetta difensiva si diffonde sempre di più, sarà necessaria una buona dose di fortitudo per operare esclusivamente in vista del bene del bambino e non nell’ottica di un paventato timore del giudizio del magistrato.

Temperance: e l’equilibrio che deve accompagnarci nel lavoro di ogni giorno, nella consapevolezza dei limiti che la medicina presenta di per se e dei nostri limiti individuali, tentando di essere in grado di riconoscere quando e il momento di interrompere una terapia ormai inefficace per non cadere nell’accanimento terapeutico, e quando non si e in grado da soli di affrontare uno specifico problema e chiedere le opportune consulenze. La temperanza e l’opposto dell’arroganza che non dovrebbe mai caratterizzare la figura del medico e tanto piu del pediatra, che ha bisogno di grande umiltà e di sapersi fare piccolo con i propri pazienti e guardare il mondo alla stessa altezza del loro sguardo.

Integrity: i comportamenti assolutamente integri sono da ritenersi imprescindibili, qualunque scelta dovrà tendere innanzi tutto a non danneggiare il paziente e a perseguire per quanto possibile il suo bene. L’essere poco perseveranti nel sostenere l’allattamento al seno, influenzati dalle sollecitazioni delle case produttrici di alimenti per l’infanzia, e ad esempio una mancanza di integrity, talvolta purtroppo subdolamente presente.

Compassion: non va tradotta con il termine compassione che echeggia tanto commiserazione, ma non il termine latino cum-patior, la capacita di soffrire insieme, di mettersi cioè in empatia con il paziente e per il pediatra sarà necessario comprendere le ansie e le paure dei genitori ma anche e soprattutto quelle del bambino, dei fantasmi che la sua mente e capace di creare.

Compatire significa soffrire… per il medico è una necessità interiore condividere l’esperienza di vita degli altri esseri viventi ed averne compassione… ma chi anche solo per una volta ha fatto esperienza del dolore non può più godere la felicità come vorrebbe….bisogna però prendere coscienza che, partecipando alla sofferenza si ha contemporaneamente la capacità di condividere la gioia degli altri... Albert Schweitzer (1875-1965)

 

Milena Lo Giudice

GUIDA PRATICA BIOETICA DELL’ETÀ EVOLUTIVA PER IL PEDIATRA (pag.25-27)

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