Articoli scientifici

Un recente lavoro apparso su una rivista di settore psichiatrico merita attenzione anche da parte di noi pediatri. E’ indubbiamente un lavoro abbastanza complicato da leggere ma il suo messaggio è chiaro: un bambino con una dieta selettiva (schizzinoso) potrebbe avere una forte base genetica per le sue difficoltà alimentari.

Cosa dovremmo già sapere

Essere un bambino con alimentazione selettiva è frequente nei primi anni di vita, tuttavia spesso il comportamento anomalo persiste con il passare degli anni e può avere conseguenze a distanza sulla salute e sulla relazione alimentare se si associa ad una dieta a lungo monotona e carente. La gestione del problema pone spesso in grave difficoltà i genitori e ne comporta un elevato stress psicosociale.

 Cosa possiamo imparare da questo studio

Questo studio longitudinale condotto su gemelli nati nel Regno Unito nel 2007 (il famoso Gemini Study, il più importante studio sui gemelli mai condotto con oltre 3000 bambini!) ha considerato i fattori genetici e ambientali associati a una dieta selettiva in vari tempi dalla nascita all’adolescenza. Il questionario sul comportamento alimentare dei bambini è stato compilato dai genitori 5 volte: a 16 mesi di vita, 3, 5, 7 e 13 anni. Il confronto tra gemelli monozigoti e dizigoti ha così portato a poter separare il ruolo della componente genetica da quella ambientale nel comportamento alimentare. Detto così sembra semplice ma gli Autori hanno dovuto affrontare complesse analisi statistiche che qui ci risparmiamo. Ecco i principali punti:

  • La selettività ha raggiunto una massima frequenza a 5 anni seguita da una riduzione nel tempo.
  • L’analisi nel tempo ha confermato che il comportamento selettivo ha una notevole persistenza nel tempo.
  • Le differenze tra individui erano spiegate da una notevole influenza della genetica quantificabile tra il 60 e l’85% della varianza (vedi Figura, dove l’effetto della genetica sulla varianza è suddiviso tra quanto già presente al tempo precedente (in giallo) e quanto unico di quel tempo (in blu). L’effetto della componente ambientale (che è naturalmente condivisa tra due gemelli) è stato sempre minoritario su quello genetico ma ha avuto la sua massima rilevanza nei primi anni di vita.
  • Gli Autori concludono che il comportamento alimentare, in particolare quello caratterizzato da una dieta selettiva, è largamente condizionato da una base genetica innata ed è destinato a persistere nel tempo. Suggeriscono di non colpevolizzare i genitori di fronte alle difficoltà del bambino bensì di aiutarli a comprenderle, gestirle al meglio e a non considerarle come una semplice fase transitoria. Il maggior contributo della componente ambientale nei primi anni di vita è comunque una forte motivazione ad affrontare precocemente i primi rifiuti con ripetute offerte del cibo non gradito e con l’aumento della variabilità nella proposta di frutta e verdura.
  • Un ultimo commento: gli Autori non hanno potuto valutarlo in questo studio ma ci sembra importante ricordare che i comportanti alimentari del bambino, oltre che dalla genetica tradizionale basata sull’espressione dei geni, possono essere condizionati anche dalla possibilità di riprodurre come genitori i medesimi modelli educativi ricevuti da bambini nella relazione con il cibo, chiaramente sia nel bene come nel male.

Figura. Variabilità della componente genetica nella Dieta Selettiva (Food Fussiness) nei vari tempi dello studio tra 16 mesi e 13 anni, con suddivisione tra quella già evidenziata ad un tempo precedente (in giallo) e quella specifica per quel dato tempo (in blu).

Come si fa la diagnosi di Dieta Selettiva

Questo è di conseguenza un punto fondamentale data l’importanza di una diagnosi precoce. Esiste dal 2001 un questionario validato (CEBQ, Child Eating Behaviour Questionnaire, in totale 35 domande di cui 6 domande dedicate a Dieta Selettiva e Neofobia. Il genitore risponde tra 5 possibilità (1= mai, 2 = raramente, 3 = qualche volta), 4 = spesso, 5 = sempre) e viene elaborato un punteggio complessivo. Il questionario contiene anche domande su altri aspetti della relazione con il cibo (risposta al cibo, iperalimentazione o ipoalimentazione su base emotiva, gioia nel mangiare, desiderio di bere, senso di sazietà, lentezza nei pasti). Sicuramente il pediatra può fare affidamento su questo strumento validato, anche se sarebbe auspicabile individuare uno strumento più agile.

Paolo Brambilla

 

Nature and nurture in fussy eating from toddlerhood to early adolescence: findings from the Gemini twin cohort

Zeynep Nas, et al.

DOI:https://doi.org/10.1111/jcpp.14053