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Misurare la pressione ad un bambino è una cosa opportuna, siamo tutti d’accordo. Salvo casi particolari c’è unanimità tra i pediatri di farlo a partire dai 5 anni in occasione di una visita di controllo. E’ l’unico modo di intercettare un valore anomalo e richiede qualche attenzione particolare (un apparecchio adatto, un bracciale proporzionato alle dimensioni del braccio, un momento di calma relativa, una misura ripetuta alcune volte, l’adozione di valori di riferimento corretti, ecc.).

E allora perché non si fa’ ancora regolarmente? Tutti gli studi di popolazione riportano infatti percentuali di bambini a cui la pressione viene valutata almeno una volta ben lontani dalla totalità.

Sono tanti i motivi, compresa la frenesia dei ritmi del nostro lavoro. Tra questi però carente a volte è la percezione da parte del pediatra di fare qualcosa di fondamentale per la salute di quel bambino che ha davanti a se. Finora infatti era mancata l’evidenza di un legame, chiaro e inequivocabile, tra ipertensione in età pediatrica (prima dei 18 anni) e complicanze cardiovascolari in età giovane-adulta e ciò ha sicuramente contribuito ad una diagnosi sottostimata di ipertensione e a un mancato trattamento nei casi riscontrati.

Dopo che questo importante studio ha provato questo legame oltre ogni ragionevole dubbio, abbiamo tutti un motivo in più per farlo routinariamente e non mancare una sola diagnosi di ipertensione (e relativo trattamento) “a cuor leggero”.

Questo è uno studio retrospettivo di popolazione (su circa 7 milioni di bambini 3-18 anni che vivono in Ontario, Canada dal 1996 al 2022), con un follow up fino a oltre 20 anni. Oltre 25 mila bambini e adolescenti ipertesi sono stati confrontati con 128 mila controlli non ipertesi.

Sono stati considerati eventi cardiovascolari maggiori: l’infarto miocardico o l’angina instabile, lo scompenso cardiaco e l’ictus cerebrale.

L’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori in età giovane-adulta è stata del 4.6 per mille nei soggetti ipertesi in età pediatrica contro il 2.2 per mille nei non ipertesi (in pratica è il doppio). L’incidenza di eventi è proporzionale alla durata del follow up (come si vede bene dalla Figura qui sotto). Solo l’incidenza di morte per un evento cardiovascolare non è risultata diversa nei 2 gruppi.

Questo studio ci insegna 2 cose:

  • ci impone di evitare mancate diagnosi di ipertensione in età pediatrica stante la relazione con gli eventi cardiovascolari in età adulta se vogliamo una sanità di prevenzione efficace.
  • ci suggerisce che almeno la metà degli eventi cardiovascolari maggiori in età adulta possa essere in relazione con l’ipertensione dell’età pediatrica e ciò sarà fondamentale per un risparmio della futura spesa sanitaria.

Paolo Brambilla e Marco Giussani

 

Long-Term Cardiovascular Outcomes in Children and Adolescents With Hypertension

Cal H. Robinson, et al.

JAMA Pediatr. 2024; 178(7):688-698. 10.1001/jamapediatrics.2024.1543