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Le infezioni virali respiratorie, in particolare il rinovirus e il virus respiratorio sinciziale, sono fattori di rischio per l’insorgenza dell’asma pediatrico, in quanto inducono percorsi infiammatori di tipo II che possono portare a infiammazione persistente delle vie aeree, sensibilizzazione allergica e rimodellamento osservati nell'asma pediatrico. I ceppi di coronavirus umani isolati negli aspirati (229E e OC43) sono ceppi  a bassa patogenicità e principalmente responsabili di infezioni benigne del tratto respiratorio superiore.  Pertanto,  si sa meno sull’impatto dei coronavirus sullo sviluppo dell’asma nei bambini.

L’infezione da SARS-CoV-2  può causare una  forma grave malattia infiammatoria del tratto respiratorio inferiore che può portare a sintomi respiratori prolungati anche dopo la risoluzione dell’infezione. Tuttavia, ad oggi non esistono studi che abbiano indagato l'incidenza della diagnosi di asma dopo l'infezione da SARS-CoV-2 in una popolazione pediatrica. Per colmare questa lacuna di conoscenze, questo studio  utilizza un’ampia coorte pediatrica longitudinale per accertare se i bambini risultati positivi al SARS-CoV-2 avessero tassi alterati di successiva diagnosi di asma rispetto a quelli risultati negativi al SARS-CoV-2 nello stesso intervallo temporale.

Nello studio sono stati inclusi 27 423  bambini di età compresa tra 1 e 16 anni  che hanno ricevuto il test della reazione a catena della polimerasi (PCR) per SARS-CoV-2 tra il 1 marzo 2020 e il 28 febbraio 2021. I modelli di regressione multivariabile di Cox hanno valutato il rapporto di rischio di nuova diagnosi di asma tra i gruppi positivi alla PCR SARS-CoV-2 e quelli negativi alla PCR SARS-CoV-2 entro una finestra di osservazione di 18 mesi. I modelli sono stati adattati per caratteristiche demografiche, variabili socioeconomiche e comorbidità atopiche.

I risultati di queste analisi  aggiustate hanno evidenziato che  la positività alla PCR SARS-CoV-2 non ha avuto un effetto significativo sul rischio di nuova diagnosi di asma.. La razza nera, le allergie alimentari  e la rinite allergica hanno aumentato significativamente il rischio di una nuova diagnosi di asma. La nascita pretermine e il BMI hanno aumentato significativamente il rischio di nuova diagnosi di asma per i bambini <5 anni.

Questi  risultati sono coerenti con recenti studi epidemiologici descrittivi, che hanno dimostrato un’incidenza simile di diagnosi di asma tra i livelli pre e post pandemici, nonostante la diffusa trasmissione di SARS-CoV-2, così come il Long COVID Research Group ha dimostrato che la funzione polmonare a lungo termine non è influenzata in bambini sia sintomatici che asintomatici infetti dal virus SARS-CoV-2. Questo studio beneficia inoltre di un periodo relativamente unico nella storia in cui vi era maggiore uniformità e controllo sui fattori di rischio ambientale per lo sviluppo dell’asma: infatti la prevalenza di altre malattie virali respiratorie (tra cui RSV, influenza e rinovirus) è crollata durante il primo anno della pandemia, fornendo un’opportunità naturale per isolare gli effetti della SARS-CoV-2 da altre infezioni virali respiratorie. Così come la riduzione dell’inquinamento e un miglioramento della qualità dell’aria, abbinato a un maggiore isolamento negli ambienti chiusi, potrebbe aver contribuito a ridurre al minimo l’esposizione alle sostanze tossiche e agli allergeni esterni, minimizzando al tempo stesso la variabilità tra ambienti urbani e rurali. E da ultimo la pandemia ha generato una pratica diffusa di test PCR di soggetti sia sintomatici che asintomatici (ad esempio, nei casi di test preprocedurali e prericovero). A differenza quindi di cosa succede in periodi normali, nei quali In genere i bambini asintomatici non vengono testati per le infezioni virali, rendendo difficile definire un gruppo di confronto epidemiologico privo dell’esposizione di interesse, il fatto che i sistemi sanitari eseguissero il test gold standard sui bambini asintomatici durante il primo anno di pandemia ha creato un disegno sperimentale naturale che ha facilitato lo studio attuale.

Per quanto attiene ai  possibili meccanismi fisiopatologici che potrebbero contribuire meglio alla comprensione di questi risultati ricordiamoci che l’infezione da SARS-CoV-2 tende a suscitare  una robusta risposta infiammatoria di tipo I caratterizzata dall’attivazione dell’interferone di tipo I e dell’inflammasoma e dalla successiva risposta delle cellule T CD8, e da una eosiniopenia. E nel contesto della sindrome infiammatoria multisistemica nei bambini si ha  una risposta immunopatologica caratterizzata da un'iperattivazione di queste vie. Questi meccanismi sono opposti  all’infezione da RSV o rinovirus, che sono stati collegati all’aumento di alcuni biomarcatori atopici, come l’eosinofilia periferica. Nel complesso, l’infezione con il virus SARS-CoV-2 può guidare l’immunofenotipo cellulare a livello dell’ epitelio delle vie aeree verso uno stato infiammatorio più di tipo I, rispetto al tipo II. L'asma cronico, d'altro canto, è mediata principalmente dall'infiammazione di tipo II caratterizzata da IL-4, IL-5, IL-13 ed eosinofilia .

Quindi  la positività alla PCR per SARS-CoV-2 non conferisce un rischio aggiuntivo per la diagnosi di asma, almeno entro i primi 18 mesi dopo il test PCR, e affina le nostre conoscenze sugli effetti respiratori a lungo termine dell’infezione da SARS-CoV-2 nei bambini  e sulla crescente comprensione di come SARS-CoV-2 possa influenzare lo sviluppo dell’asma nei pazienti pediatrici.

Pier Luigi Tucci

COVID-19 and Asthma Onset in Children 

James P. Senter, et al.

https://doi.org/10.1542/peds.2023-064615