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La pulsiossimetria rientra dall’ACN del 2005 tra le prestazioni di natura diagnostica eseguibili dal pediatra di famiglia, ed è stata ed è ampiamente utilizzata per tutte le manifestazioni di sospetta insufficienza respiratoria. La pandemia legata al Covid-19 ha ampiamente accresciuto nella popolazione il valore di questa misurazione, e di conseguenza la presenza e l’uso domestico, autonomo, del pulsiossimetro è diventata una realtà, che sta portando anche ad una rivalutazione da parte dei pediatri di famiglia sul quando e su quale fasce d’età continuare ad essere i referenti del suo uso. Ma se guardiamo ai paesi in via di sviluppo queste nostre considerazioni potrebbero essere viste in un modo molto diverso.

La polmonite rimane una causa principale di morbilità e mortalità nei bambini di età inferiore ai 5 anni, con la maggior parte dei decessi per questa causa che si verificano nei Paesi a basso e medio reddito (LMIC). Quasi tutti i decessi per polmonite infantile sono prevenibili o curabili, ma la morte per polmonite infantile è causata da un inadeguato riconoscimento della gravità della malattia e della mancanza di un di un trattamento appropriato e tempestivo, compreso l'ossigeno. In questi Paesi, per valutare la gravità della malattia infantile si utilizzano quattro segni vitali: frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, pressione sanguigna e temperatura, e di questi solo la frequenza respiratoria è utilizzata per la gestione della polmonite secondo linee guida dell'OMS (Gestione Integrata delle Malattie Infantili - IMCI), che  da tre decenni è la spina dorsale della gestione della polmonite infantile nei Paesi meno sviluppati. Queste Linee Guida raccomandano l'uso di antibiotici e il ricovero in ospedale per la polmonite grave o l'assistenza domiciliare con antibiotici orali per la polmonite non grave, e in assenza dell’ossimetria, tale categorizzazione si basa prevalentemente sull'acume clinico. A differenza quindi dell’Italia, misurare l'ipossiemia con la pulsossimetria non è stata inserita come priorità nelle linee guida IMCI per l'assistenza primaria, che è il luogo in cui si presenta inizialmente la maggior parte dei bambini. E poiché le linee guida IMCI spesso non tengono conto dell'ipossiemia quando i pulsossimetri non sono disponibili e vengono utilizzati solo i segni clinici, molti bambini che necessitano di ossigeno non vengono indirizzati in Ospedale, contribuendo alla mortalità associata alla polmonite.

Numerosi studi in Bangladesh, in Malawi e in altre nazioni hanno confermato la conseguente molto alta probabilità di decessi non solo per il mancato invio agli ospedali, ma anche perché in ospedale  la mancanza di una valutazione ossimetrica era associata a più del doppio di casi di mortalità rispetto a quando l'ossimetria era stata completata.

Sebbene l'OMS definisca l'ipossiemia come una SpO2 inferiore al 90%, sempre più evidenze indicano che anche ipossiemia moderata, con una SpO2 del 90-93%, comporta un rischio di mortalità sostanzialmente elevato. Una meta-analisi ha riportato che una SpO2 inferiore al 90% era associata a un rischio di mortalità aumentato di 5,5 volte, ma che una SpO2 del 90-93% aumentava anch'essa tale rischio. E i bambini in Bangladesh con una SpO2 inferiore al 90% avevano un rischio di mortalità 10 volte superiore rispetto a quelli con una SpO2 superiore al 94%, ma quelli con una SpO2 del 90-93% presentavano un rischio di mortalità di oltre 4 volte. Questi dati indicano che i valori del SpO2 per definire l'ipossiemia e identificare i bambini ad alto rischio di mortalità dovrebbero essere riconsiderati: da SpO2 inferiore al 94%, a seconda della posizione geografica (compresa l'altitudine) e della capacità del sistema sanitario.

La revisione delle linee guida globali per includere l'ossimetria a tutti i livelli di cura dovrebbe essere quindi una priorità. L'ossimetria con invio o ossigenoterapia per gestire la polmonite ipossiemica e ridurre la mortalità infantile, che sono di routine nei Paesi ad alto reddito, dovrebbero essere il fulcro dei sistemi sanitari dei Paesi a basso reddito, per ridurre le disuguaglianze sanitarie e rafforzare la salute infantile a livello globale. Sono per questo necessari sia disponibilità di ossimetri adeguati, soprattutto per bambini di età inferiore ai 5 anni, sia adeguata formazione degli operatori sanitari e sia disponibilità all’uso dell’ossigeno. Una ricerca in Bangladesh ha dimostrato che gli operatori sanitari di base sono in grado di utilizzare efficacemente la pulsossimetria nei bambini dopo un corso di formazione abbreviato, con il 99% delle valutazioni e il completamento della misurazione in una mediana di 36 secondi. I costi più elevati di dispositivi pediatrici di qualità e i problemi di accuratezza della misurazione rimangono una sfida continua. In sintesi, la SpO2 misurata con la pulsossimetria è un quinto segno vitale essenziale in tutti i bambini malati. Questa procedura fattibile e non invasiva può identificare efficacemente i bambini ad alto rischio di mortalità da indirizzare e sottoporre a ossigenoterapia.

 

Pier Luigi Tucci

Pulse oximetry to detect paediatric hypoxaemia—the fifth vital sign

Heather J Zar, et al.

https://doi.org/10.1016/ S2214-109X(23)00380-7