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Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) è un comune disturbo psichiatrico caratterizzato da disattenzione, impulsività e iperattività inappropriate allo sviluppo. La terapia farmacologica, che comprende stimolanti e non stimolanti, è raccomandata come trattamento di prima linea per l'ADHD in molti Paesi. L’Italia da due decenni ha adottato una politica molto prudente nell’uso dei farmaci  per l’ADHD, preoccupata dall’aumento costante e notevole nel loro uso, stabilendo che sia il neuropsichiatra infantile, dopo una diagnosi precisa volta anche a valutare la presenza di altre comorbilità e una rilevante compromissione della vita quotidiana, a far entrare il bambino in un apposito registro ed in un programma di controlli programmati. In particolare la terapia con metilfedinato deve rientrare in un programma multimodale di trattamento che comprende anche misure terapeutiche di tipo psicologico, educativo e sociale. I trattamenti non farmacologici prediligono un approccio che coinvolge i genitori (parent training), i bambini (child training) e gli insegnanti (teacher training), e al loro interno stanno aumentando le terapie digitali, utilizzando ad esempio videogiochi a scopo terapeutico. Dai dati del Registro Lombardo dell’ADHD ad esempio, la maggior parte (82%) di questi pazienti riceve solo una terapia psicologica, mentre al 18% è stato prescritto anche un farmaco, quasi sempre come trattamento combinato con gli interventi di tipo comportamentale.

Ma oltre agli effetti più immediati connessi all’uso dei farmaci utilizzabili, ce ne possono essere altri più tardivi, visto che la malattia continua anche nell’età adulta? Questo studio svedese, condotto su 278027 individui con ADHD di età compresa tra 6 e 64 anni intende valutare l'associazione tra l'uso a lungo termine di farmaci per l'ADHD (durata cumulativa dell'uso di farmaci ADHD fino a 14 anni) e il rischio di malattie cardiovascolari (CVD). Tra questi 10.388 persone avevano una diagnosi di malattia cardiovascolare e sono state incluse nella valutazione finale. Sono stati abbinati a 51.672 controlli con ADHD ma senza malattie cardiovascolari. L'età mediana era di 34,6 anni, la maggioranza era di sesso maschile (59,2%) e il tempo mediano di follow-up era di 4,1 anni in entrambi i gruppi.

Nei 14 anni di follow-up, ogni aumento di 1 anno nell'uso di farmaci per l'ADHD è stato associato a un aumento del 4% del rischio di CVD, con un aumento maggiore del rischio nei primi 3 anni di uso cumulativo e un rischio stabile nel corso del restante follow-up senza differenza tra i bambini e i giovani (età <25 anni) e gli adulti (età ≥25 anni). Esaminando il rischio di malattie specifiche, solo due sono risultate costantemente elevate: l'ipertensione (AOR 1,72, da 3 a ≤5 anni; e AOR 1,80, per >5 anni) e le malattie arteriose (AOR 1,65, da 3 a ≤5 anni). Per quanto riguarda i tipi di farmaci per l'ADHD, i risultati del presente studio suggeriscono che l'aumento della durata cumulativa dell'uso di metilfenidato e lisdexamfetamina è associato all'insorgenza di CVD, mentre l'associazione con l'atomoxetina è risultata statisticamente significativa solo per il primo anno di utilizzo.

L'associazione tra durata cumulativa dell'uso di farmaci per l'ADHD e CVD era simile nelle femmine e nei maschi, ma poiché studi precedenti hanno evidenziato che le femmine con diagnosi di ADHD possono mostrare modelli di comorbidità diversi e potenzialmente avere risposte diverse ai farmaci stimolanti rispetto ai maschi, sono necessari ulteriori studi per esplorare e comprendere meglio le potenziali differenze sesso-specifiche nelle risposte cardiovascolari ai farmaci ADHD. Essendo lo studio di natura osservazionale,  non può dimostrare la causalità, e i risultati per tipo di farmaco ADHD e tipo di malattia cardiovascolare devono essere replicati da studi con campioni più grandi, così come il fatto che i risultati, che sono stati mostrati per individui senza malattie cardiovascolari preesistenti, potrebbero non essere applicabili a coloro che hanno una malattia cardiovascolare di base. Questi risultati evidenziano l'importanza di soppesare attentamente i potenziali benefici e rischi quando si prendono decisioni terapeutiche sull'uso a lungo termine di farmaci per l'ADHD. I medici dovrebbero monitorare regolarmente e con costanza i segni e i sintomi cardiovascolari per tutta la durata del trattamento.

Pier Luigi Tucci

 

Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder Medications and Long-Term Risk of Cardiovascular Diseases

Le Zhang, et al.

doi:10.1001/jamapsychiatry.2023.4294