News

Giuseppe Ragnatelaa  cura di Giuseppe Ragnatela

Gli interventi di mutilazione dei genitali femminili (MGF) sono ancora oggi diffusi in molti Paesi. Contro questa drammatica e a volte anche tragica tradizione il 6 febbraio si celebra la Giornata Mondiale contro l’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili, nella speranza di sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica.

Le bambine,  le ragazze e le donne nel mondo che hanno subito una forma di mutilazione genitale  sono tra 100 e 140 milioni secondo i dati più aggiornati forniti  dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Leggi tutto  L'Africa è di gran lunga il continente in cui il fenomeno delle MGF è più diffuso, con 91,5 milioni di ragazze di età superiore a 9 anni vittime di questa pratica, e circa 3 milioni di altre che ogni anno si aggiungono al totale.
La pratica delle MGF è documentata e monitorata in 27 paesi africani e nello Yemen. In altri Stati (India, Indonesia, Iraq, Malesia, Emirati Arabi Uniti e Israele) si ha la certezza che vi siano casi di MGF ma mancano indagini statistiche attendibili.
Meno documentata è la notizia di casi di MGF avvenute in America Latina (Colombia, Perù), e in altri paesi dell'Asia e dell'Africa (Oman, Sri Lanka, Rep. Dem. del Congo) dove tale pratica non è mai assurta a tradizione vera e propria.
Infine, sono stati segnalati casi sporadici di MGF anche in paesi occidentali, limitatamente ad alcune comunità di migranti. La prevalenza del fenomeno varia considerevolmente da regione a regione all'interno del medesimo Stato: a fare la differenza è l'appartenenza etnica. In 7 Stati (Egitto, Eritrea, Gibuti, Guinea, Mali, Sierra Leone e Somalia) e nel Nord del Sudan il fenomeno tocca praticamente l'intera popolazione femminile. In altri 4 paesi (Burkina Faso, Etiopia, Gambia, Mauritania) la diffusione è maggioritaria ma non universale. In altri 5 (Ciad, Costa d'Avorio, Guinea Bissau, Kenya e Liberia) il tasso di prevalenza è tra il 30 e il 40% della popolazione femminile , mentre nei restanti paesi la diffusione delle MGF varia dallo 0,6 al 28,2%.
Anche il tipo di intervento mutilatorio imposto varia a seconda del gruppo etnico di appartenenza. Il 90% delle MGF praticate è di tipo escissorio (con taglio e/o rimozione di parti dell'apparato genitale della donna), mentre un decimo dei casi si riferisce all'azione specifica della "infibulazione", che ha come scopo il restringimento dell'orifizio vaginale e può a sua volta essere associato anche a un'escissione.

Le mutilazioni genitali femminili vengono praticate, secondo l’Unicef, per una serie di motivazioni: per ragioni sessuali, quindi soggiogando e riducendo la sessualità femminile; per ragioni sociologiche, intese come veri e propri riti di passaggio, di integrazione sociale e di mantenimento della coesione nella comunità; per ragioni igieniche ed estetiche, in quanto in alcune culture i genitali femminili sono considerati portatori di infezioni e osceni; per ragioni sanitarie, cioè nella convinzione che la mutilazione favorisca la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino; e per ragioni religiose, in quanto molti credono che alcune religioni prevedano questa pratica. In genere, le mutilazioni genitali femminili vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni di età. Tuttavia, in alcuni paesi vengono operate bambine con meno di un anno di vita, come accade nel 44 per cento dei casi in Eritrea e nel 29 per cento dei casi nel Mali, o persino neonate di pochi giorni(Yemen).

E in Italia che succede? Che cosa prevedono le nostre leggi  in merito alla piaga dell’infibulazione che, inevitabilmente, è arrivata ad interessare anche il nostro territorio,considerati i molti ingressi di stranieri di questi ultimi anni? Si stima che nel 2009 erano 35mila le donne vittime di mutilazioni genitali. Sulla base di questi dati, verosimilmente inattendibili considerata la clandestinità con cui viene eseguita questa pratica, il nostro paese è al quarto posto in Europa .Le pratiche di mutilazione genitale femminile rientrano nell’ambito delle violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine. Le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere questo fenomeno sono regolate dalla legge del 9 gennaio 2006, frutto degli orientamenti scaturiti dalla quarta conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulle donne tenutasi a Pechino nel 1995.

Le norme hanno lo scopo di “prevenire,contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine”(art.1). La legge si caratterizza sia come  provvedimento repressivo dell’illegalità e della violenza contro i diritti della donna e come strumento formativo con l’obiettivo di informare il più possibile le donne e le famiglie immigrate nel nostro Paese.” Chiunque ,in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. … Si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia,l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetto dello stesso tipo. Chiunque,in assenza di esigenze terapeutiche, provoca,al fine di menomare le funzioni sessuali,lesioni agli organi genitali femminili diverse da ,da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente,è punito, con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità. La pena è aumentata  di un terzo quando le pratiche sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro ….La condanna contro l’esercente una professione sanitaria per taluno dei delitti previsti importa la pena accessoria dell’interdizione dalla professione da tre a dieci anni” ( art.6).

Rapporto  Unicef