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di Giuseppe Ragnatela

Il rapporto “Mamme in arrivo” presentato il 19 febbraio 2015 da “Save the Children” raccoglie  informazioni sul “percorso nascita”,il delicato iter che conduce al parto e prosegue con il “prendersi cura” del neonato e con l’inizio della esperienza genitoriale. Il dossier presenta una enorme quantità di informazioni relative alla salute dei nuovi nati e delle loro mamme  e agli aspetti “sociali” del percorso nascita come l’accoglienza di una maternità nei contesti lavorativi e l’integrazione dei servizi di cura e assistenza per il nuovo nucleo familiare.

Emerge ancora una volta la contraddizione  tra una cultura sociale che esalta il valore della maternità e la organizzazione del lavoro e dei servizi che carica la gestione quasi esclusivamente sulle spalle della coppia ,quando c’è, o del singolo genitore.

Meno nascite e meno figli
Nel 2013, per il quinto anno consecutivo, le nascite in Italia sono diminuite, attestandosi all’incirca sul numero di 514.000.

 

Fanno meno figli le coppie composte da entrambi i genitori italiani (-70.000 tra il 2008 e il 2013), mentre le coppie composte da almeno un genitore straniero presentano un tasso di natalità in crescita. Oltre il 20% delle nascite del 2012 è rappresentato da bambini nati da coppie straniere o miste. Le nuove nascite sono riferibili per l’80% a donne italiane e per il 20% a donne straniere. Il tasso di fecondità generale scende da 1,42 a 1,39 nell’arco di un anno (tra il 2012 e il 2013); si riduce progressivamente sia per le donne italiane che per quelle straniere, passando tra il 2008 e il 2013 da 1,34 a 1,29 per le prime e da 2,65 a 2,10 per le seconde, contro una media europea che si attesta su 1,58 figli per donna.Le regioni del centro nord presentano una maggiore percentuale di nascite da genitori stranieri o da coppie miste. Un bimbo su 5 in Emilia Romagna, in Veneto e in Lombardia ha almeno un genitore straniero. Al contrario, in tutte le regioni del sud la percentuale di bambini nati da genitori stranieri è più modesta (5% al sud e 4,6% nelle isole). Le mamme straniere più numerose sono rumene (quasi 20 mila bambini nel 2013) seguite dalle marocchine (12.778 bambini nel 2013), dalle albanesi (9.966 bambini) e dalle cinesi (5.204 nascite).
Le mamme di queste quattro nazionalità, nel loro insieme, rappresentano quasi il 45% di tutte le mamme straniere3.
Per quanto riguarda l’età delle neo-mamme,  11 neonati su 100 in Italia hanno una mamma sotto i 25 anni, mentre 8 su 100 hanno una mamma di 40 anni. Tra i bambini figli di mamme italiane, per 8 bimbi con una mamma sotto i 25 anni, altri 8 ne hanno una di 40. Al sud questa tendenza è leggermente meno evidente: infatti il 13% delle neo mamme ha meno di 25 anni, mentre solo il 6% tocca i 40 anni. Le mamme più mature si registrano in Liguria, Sardegna e Lazio (rispettivamente, 11,5%, 11,4% e 11% del totale).
Al contrario si riducono le maternità molto precoci, di ragazze con meno di 18 anni. Nel 2009 erano 2.434 e addirittura 3.142 nel 1995, mentre scendono a 1.922 nel 2013, tra le quali 1.551 italiane, pari allo 0,4% del totale.
Anche in questo caso, esistono sensibili diversità territoriali. Mentre il fenomeno delle mamme minorenni è praticamente irrilevante al nord, con una percentuale dello 0,2% del totale dell’area, il fenomeno sembra più consistente al sud: soprattutto in Campania con 363 nati da mamme minori (0,7% dei nati nella regione) e in Sicilia, con 444 nati, pari all’1,% dei nati totali nella regione.

L’Italia cambia,cambiano le famiglie
Le famiglie cambiano, a causa di cambiamenti culturali, del venire meno di tradizioni, o semplicemente in ragione di considerazioni di carattere pratico ed economico. Aumentano in modo rilevante i neo genitori non sposati, soprattutto nelle regioni del Centro-Nord. Nel 2013 sono circa 133 mila i bambini nati da coppie non sposate pari quasi al 26% del totale, una proporzione più che tripla rispetto al 1995 (poco più dell’8% dei nati).
Diversa la situazione delle coppie straniere. Solo nel 16,4% dei casi i bambini nascono fuori dal matrimonio, mentre è significativa la situazione delle coppie miste che raggiungono la percentuale più alta in assoluto di figli fuori dal matrimonio, circa il 35%.
Il numero totale delle famiglie  è in crescita, mentre diminuisce la loro dimensione.
Dal 2006 al 2013, si registra un incremento del 7,6% del numero di famiglie, che passano da un totale di 23 milioni e 216 mila (in media 2006-2007) a 24 milioni e 979 mila (in media 2012-2013). Contemporaneamente prosegue la diminuzione del numero medio di componenti per famiglia da 4 (1951), a 2,6 (2001), a 2,4 (2011), con punte massime,oggi, in Campania (2,8) e minime in Liguria (2,1).

I punti nascita
L’evento nascita si compie ,quasi sempre in una struttura sanitaria. Le donne che scelgono di partorire in casa sono un numero piuttosto esiguo (meno dell’1% del totale dei parti ). L’accordo Stato Regioni del dicembre 2010, indicava alcune misure per rendere la nascita più sicura per la salute di mamma e bambino:per esempio, la presenza h24 di una guardia ginecologica, la predisposizione di sale operatorie vicine alle sale parto e il perfezionamento del sistema di trasporto assistiti materno e neonatale di emergenza.
L’accordo disponeva la chiusura o messa in sicurezza dei punti nascita che praticavano meno di 500 parti ogni anno e che nella maggior parte dei casi non riuscivano a garantire questo standard di sicurezza.
In base alle rilevazioni dell’ultimo rapporto SDO(anno 2013), i punti nascita con meno di 500 parti/anno ammontano a una percentuale del 29,4% : sono 123 su 521. Quasi un terzo dei punti nascita italiani possono essere considerati “fragili” in termini di sicurezza assistenziale: sia perché non vi si effettuano con regolarità parti naturali , sia per insufficiente disponibilità di personale medico/ostetrico e di servizi di trasporto materno e neonatale di emergenza.
Il numero più alto di queste strutture è in Campania (20), Sicilia (18), Lazio (12), Sardegna (10).

Parto naturale o parto cesareo?
La percentuale di tagli cesarei è più che triplicata nell’arco di 30 anni, da poco più dell’11% nel 1980 a circa il 37,5% nel 2010. Sebbene si registri un trend di diminuzione della pratica dei parti cesarei – dal Rapporto del Ministero della Salute sulle SDO del 2013, la percentuale totale dei tagli cesarei è scesa al 36,3% - permangono percentuali molto elevate in alcune regioni, tra le quali la Campania(61,5%), seguita dal Molise (47,3%), dalla Sicilia (44,8%) e dalla Puglia (44,6%).

Allattamento al seno
Alla promozione dell’allattamento al seno mirano i dieci passi,formalizzati congiuntamente da UNICEF e OMS 25 anni fa  e recepiti anche in Italia in molteplici forme. I dati statistici evidenziano un notevole cambiamento negli ultimi cinque anni, nella direzione di una sempre maggiore frequenza e durata dell’allattamento al seno.
Nel 2013 infatti, secondo l’ISTAT, allatta al seno l’85,5% delle mamme (in maggior proporzione le cittadine straniere, l’89,4%, rispetto alle italiane, l’84,6%), a fronte dell’81,1% del 2005. La durata media del periodo di allattamento al seno passa da 6,2 mesi del 2000 ai 7,3 del 2005, fino a giungere agli 8,3 del 2013. L’allattamento esclusivo, in media, ha una durata pari a 4,1 mesi .

Mortalità  infantile
Nel 2011, in Italia, si sono registrati 2.084 decessi di bambini sotto i 5 anni di vita.
Poco più di un secolo prima, nel 1887, se ne contavano 399.505. Si è passati cioè da 347 decessi per mille nati vivi a meno del 4 per mille. Oggi il tasso di mortalità dei bambini sotto i 5 anni in Italia è inferiore a quello medio europeo e a quello degli Stati Uniti.
Il maggior numero dei decessi è dovuto a condizioni di origine perinatale e a malformazioni congenite . Nel 2011, in Italia, l’85% dei decessi sotto i 5 anni si è verificata nel primo anno di vita e la metà delle morti si concentra nei primi sette giorni.
Il tasso di mortalità relativo al primo anno di vita è del 3,3 ‰ (2,9 tra i bambini residenti italiani e 4,3 tra i bambini residenti stranieri).

I consultori
La rete dei consultori è frammentata e con un’offerta di servizi che varia da regione a regione.
In Valle D’Aosta il numero maggiore di consultori(3,5 per 20.000 abitanti). Seguono Toscana (1,4) ed Emilia Romagna (1,1) mentre la minore copertura si rileva in Molise, Friuli Venezia Giulia, Trento e Bolzano. Grazie alla compresenza di diverse figure professionali quali ginecologo, ostetrica, psicologo, assistente sociale, pediatra, il consultorio dovrebbe garantire un approccio globale alla salute materno-infantile  ma ciò non sempre si verifica, per una serie di ragioni quali scarsità di fondi, di personale (circa 1/5 delle strutture dispone di un’équipe completa) e dei servizi offerti.

Maternità e lavoro
La conciliazione fra maternità e lavoro rappresenta  un’ulteriore  sfida per le neo-mamme: circa 1/5 delle donne lascia o perde il lavoro dopo la gravidanza , con un aumento di coloro che si ritrovano forzatamente in tale condizione. Per quanto riguarda poi la disponibilità di servizi a supporto della donna e della famiglia, come gli asili nido, sono presenti a macchia di leopardo e con notevoli disparità territoriali. La copertura degli asili nido pubblici riguarda solo il 13% dei bambini 0-2 anni e scende ulteriormente in alcune regioni,toccando quota 2% circa in Calabria e Campania.

Il rapporto “Mamme in arrivo” è disponibile alla pagina:
www.savethechildren.it/pubblicazioni